Olio
e olivicoltura

Un po’ di storia

Olio e olivicoltura

Un po’ di storia

Una storia recente

Contrariamente a quanto si possa pensare, l’olivicoltura diffusa in Toscana rappresenta un fenomeno relativamente recente. Se infatti la presenza e la coltivazione della pianta sembra attestata fin dall’età preistorica, è soltanto dopo il XV secolo che sembra cominciare una vera e propria esportazione economicamente significativa dell’olio toscano.

Le Origini

La coltivazione dell’olivo è antica di 8.000 anni e iniziò probabilmente in Siria. Da lì i Fenici tra il XV e il X secolo a.C. diffusero la pianta su tutte le coste del mediterraneo. Gli Etruschi intensificarono enormemente la coltivazione dell’olivo dall’VIII secolo a.C. sia nelle zone costiere che collinari. L’olio era più usato per la cosmesi (unguenti) e per l’illuminazione.
In Italia i primi olivi coltivati pare si avessero in Sicilia e nella Magna Grecia, su probabile impulso dei coloni greci. È in questo senso un fatto molto significativo che il vocabolario latino ed etrusco dell’olivo e dell’olio sia quasi interamente di origine greca.

Inoltre, non è certo che l’olio servisse prevalentemente per l’alimentazione e non piuttosto, come in Grecia, alle origini, per l’illuminazione e per l’abbellimento del corpo, né che l’uso alimentare dell’olio fosse più importante di quello delle olive. Nell’Etruria, che più direttamente ci interessa, la produzione di olio è attestata almeno dalla metà del VII secolo a.C., ma pare che la coltivazione dell’olivo non vi avesse un grande rilievo. Molto frequenti sono infatti i riferimenti all’utilizzo, soprattutto fra i ceti popolari e nelle campagne, dei grassi animali, mentre altre citazioni mettono in evidenza il carattere “urbano”, in certa misura “di lusso”, dell’olio di oliva.

A conferma di questo, le numerose notizie relative ad appezzamenti di terreno “con dieci”, “con cinque”, “con tre olivi”, che paiono mostrare insieme la preziosità della pianta e la sua scarsa diffusione.
Questa scarsa diffusione sembra testimoniata  da diverse fonti fino almeno al secolo XII e per buona parte del XIII secolo.

La diffusione tra XIV e XV secolo

L’olivo si diffuse nei secoli seguenti, in ondate successive, in gran parte della regione. I proprietari dei poderi a mezzadria fecero allora scavare fosse per l’impianto di olivi e di alberi da frutto, lunghe talvolta cento o duecento metri, con decine di piante a 8-9 metri l’una dall’altra, cioè a una distanza superiore a quella consigliata nel corso dell’Ottocento e del Novecento. Si trattò tuttavia, nella Toscana delle colline interne, non di impianti di coltivazione intensiva dell’olivo, ma di una intensificazione della coltivazione promiscua, con consociazione sui medesimi appezzamenti di colture erbacee – in primissimo luogo cereali – viti, alberi da frutto e, appunto, olivi. L’impulso dato dai proprietari alla diffusione dell’olivo derivava, oltre che dal loro desiderio di consumo, anche dalla loro volontà di commercializzare il prodotto. I prezzi unitari dell’olio erano del resto molto più alti di quelli del vino che pur veniva anch’esso largamente destinato al mercato dai più grandi produttori. L’orientamento dei proprietari per il mercato e conseguentemente per la diffusione dell’olivo continuò lungo tutta l’età moderna, spesso provocando conflitti con i mezzadri. La diffusione dell’olivo determinò tuttavia, con ogni probabilità, ma non sappiamo in quale misura, anche un qualche sviluppo nel consumo di olio da parte delle famiglie contadine, per quanto quest’uso alimentare continuasse a caratterizzare soprattutto i ceti padronali e gli abitanti delle città. Secondo i ricettari di cucina, che si rivolgevano appunto ai ricchi e a coloro che occupavano i vertici della società, la presenza dell’olio d’oliva nei pasti del Rinascimento non doveva essere più marginale. Il suo impiego veniva raccomandato soprattutto per le fritture, specialmente di pesce, e per il condimento delle insalate.

Le basi della moderna olivicoltura

All’inizio del XIX secolo la superficie olivata in Toscana era notevolmente aumentata. Le zone d’elezione della pianta continuavano ad essere quelle, ormai tradizionali, della fascia superiore tirrenica e delle colline centrali intorno al bacino dell’Arno e dei suoi affluenti. Non c’è dubbio, in ogni modo che, sia pur con lentezza, il consumo dell’olio crebbe, nel corso dell’età moderna, anche fra i ceti popolari e contadini.
L’olio serviva per condire le verdure crude e per friggere, in alternativa allo strutto. Il suo uso aumentava nei giorni di quaresima e di vigilia, quando non si poteva consumare carne e neppure friggere con grassi animali.
Un balzo notevole l’olivicoltura toscana ha infine fatto tra la prima metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, quando la pianta si è infittita soprattutto nelle zone tradizionali, ma si è anche diffusa in altre aree dove era stata in precedenza sconosciuta o scarsamente coltivata.
Una considerazione generale può essere affiancata a questa constatazione: la evidente rivelazione che l’affermazione dell’olivo e del consumo dell’olio nella regione andarono di pari passo, nei primi tempi, con l’affermazione di una solida società e di una specifica civiltà urbana che comportarono la creazione di nuove proprietà e di nuove strutture fondiarie dominate dai cittadini, ma che più tardi, mutato il carattere economico complessivo della regione e lo spirito stesso dei proprietari, quella spinta non si arrestò
e l’olivo e l’olio giunsero anzi a caratterizzare fortemente le produzioni agrarie, i consumi e i paesaggi toscani.

Fonte:“L’olivicoltura toscana dalle origini all’età moderna” di G. Cherubini in “La Toscana nella storia dell’olivo e dell’olio”, ARSIA, 2002